Breve commento su "Non è il mio lutto" e la morte di Berlusconi.
Ma Mercoledì 14 Giugno ho spostato la lezione del corso che tengo a Bologna, affinché chi volesse potesse participare ai funerali di stato e commemorare la morte di Berlusconi, e perché l'attuale governo ha proclamato il lutto nazionale per un politico che (con mio scandalo e vergogna) è stato eletto democraticamente da milioni di italiani e italiane (che gli dei dell'Olimpo li perdonino, io non ci riesco, e posso solo rispettarne le scelte), e ha ricoperto la carica di primo ministro quattro volte.
Non è stata una forma di rispetto verso l'uomo, che non ne meritava alcuno, o verso la figura politica, imbarazzante e giustamente criticabile. È stata una forma di resistenza. Non volevo concedere a Berlusconi l'ultima parola. Perché una cosa che Berlusconi non dovrebbe riuscire a fare, neppure da morto, è ridurci come lui, del tutto privi di valori, senza alcun senso dello stato, senza rispetto neppure per la morte e per il dolore altrui, incentrati solo su noi stessi, i nostri vantaggi e svantaggi, il nostro interesse, la nostra convenienza, i nostri pruriti, desideri, ambizioni, il nostro chiederci sempre, comunque e soltanto se qualcosa sia o non sia MIO, anche un lutto nazionale.
Come ha detto un amico: il danno lo aveva già fatto, c'è poco da rallegrarsi. Come ho detto per anni: l'Italia si libererà di Berlusconi solo biologicamente, come la Spagna ha fatto con Franco. Come previsto, gli italiani e le italiane lo hanno votato fino all'ultimo giorno. Alla fine ci si è liberati di questo scandalo politico solo con la sua morte. Resta il dispiacere per coloro che sono addolorati - "I have suffered with those that I saw suffer", The Tempest, insegna questa civiltà, da esercitare in questo caso anche verso gli incivili come Berlusconi - e soprattutto il profondo dolore per il fatto che il berlusconismo precede Berlusconi e gli sopravvive. Chi si illude che morirà con lui ha una visione meramente burocratico-istituzionale della cultura politica. Berlusconi ha solo incarnato meglio di chiunque altro il berlusconismo, lo ha ipostatizzato, si direbbe in filosofia, metastatizzato, si direbbe in medicina, in un' Italia che di sua natura è da sempre più berlusconiana che fascista, o comunista, o democratica, o liberale, o conservatrice. La questione è se il berlusconismo tornerà a sciogliersi come un veleno sempre presente nella cultura del paese - come mi auguro - o tornerà ad aggrumarsi in qualche altra figura che abbia lo straordinario vuoto morale di farsene contenitore e promotore. C'è da sperare, perché il vuoto morale, come quello fisico, è raro, e le circostante affinché abbia successo sono eccezionali. Aggettivi come "unico", "irripetibile", "insostituibile" usati in questi giorni suggeriscono a persone come me che forse il peggio è passato e che uno come Berlusconi non ricapiterà mai più, ma meglio stare in guardia.
PS L'italiano non è la mia lingua, ma la lingua della comunità alla quale appartengo, volente o nolente. Il lutto nazionale non è il mio lutto, ovviamente, perché è quello della nazione in cui sono nato e dalla quale sono emigrato anche a causa del suo berlusconismo, insopportabile. L'unico vero modo di ribellarsi non è negare l'appartenenza storica - gesto retorico inutile, facile e non molto civile di fronte alla morte di una persona - ma cambiare eticamente la natura di quello al quale si appartiene. Sforzandosi di pensare meglio, comunicare meglio, votare meglio, agire meglio, e di dare il buon esempio, per quanto sia possibile. Tutte cose difficili, tanto quanto raggiungere il vuoto morale di un Berlusconi. Ma necessarie, affinché il dover essere prevalga sull'essere sbagliato.
Tutto perfetto ed altamente condivisibile.
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