Elly Schlein: otto motivi per sperare, otto motivi per temere

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Elly Schlein: otto motivi per sperare, otto motivi per temere
Un vantaggio dell’essere lontano dall’Italia è quello di poterla “vedere da lontano”. Ovviamente il rischio è di prendere abbagli e fischi per fiaschi, ma forse si riescono a vedere meglio le cose, con più distacco e in prospettiva. Sperando che quest’ultimo sia il caso in questione, ecco un breve commento su come appare l’elezione di Elly Schlein come Segretaria del Pd.


È un evento importante. Prima donna al comando del Pd, e altra donna di spicco, in una politica sempre più personalizzata, Elly Schlein è l’alternativa a Giorgia Meloni. E per questa alternativa, a leggere e sentire le varie opinioni, mi pare che si presentino due scenari, due linee di sviluppo all’interno delle quali si collocano gli altri scenari misti, insomma il bianco e il nero da cui nasceranno i vari grigi. Dal punto di vista di quelli che hanno votato, li chiamerei Speranza e Timore, un po’ Jane Austen, un po’ Fëdor Dostoevskij. E siccome non c’è spazio, li delineo in pochi punti più facilmente criticabili da chi non sarà d’accordo.

A) SPERANZA (basata sui 12 punti del programma di Schlein)
  1. Il Pd si rinnova, liberandosi della sua casta interna e delle varie correnti, e facendosi portatore di una politica da 21° secolo, puntando sulla maggiore partecipazione della società civile, sull’apertura all’immigrazione e alla cittadinanza allargata, sulla difesa e l’implementazione di diritti e doveri civili, sulla promozione di riforme profonde, e anche inizialmente impopolari per gl’interessi costituiti, al fine di svecchiare e dinamicizzare il paese, sull’investimento nel digitale, nella formazione, nel lavoro, nella sostenibilità, nell’innovazione tecnologica, e nella crescita economica, sull’adozione di una solidarietà diffusa, su più presenza nell’Ue, sul sostegno all’Ucraina e alla Nato, etc.; in tal modo...
  2. il Pd, pur perdendo voti di protesta, populisti e d’interesse, assorbe molti voti sia dal centro, indebolendo Calenda-Renzi, sia dal M5S, portando quest’ultimo verso posizioni più costruttive e meno demagogiche o di mera protesta e rivendicazioni, pur di contare e non restare isolato, creando così...
  3. una rinnovata fiducia in una politica alternativa al centro-destra, di stile lib-dem o Labour (ma non quello di Jeremy Corbyn), con una identità chiara e incisiva, che dà fiducia in termini di competenza e rigore, anche economici, e che riesce ad...
  4. attrarre gli indecisi, i non-votanti, i neo-votanti, chi si astiene in modo programmatico, chi ha sempre la tentazione di non votare, ma soprattutto chi dalla politica vorrebbe meno ideologia e più soluzioni concrete (sul che cosa) e fattibili (sul come), disegnate da un partito che fa opposizione costruttiva mentre si prepara a governare; questa nuova attrattività porta...
  5. alla vittoria del Pd + M5s + alleanze alle prossime elezioni, con il Pd come partito di governo, quindi...
  6. alla riduzione dell’importanza dei partiti di centro, alleati del, o assorbiti dal Pd, irrilevanti o non più esistenti, mostrando che il termine “centro” in centro-sinistra ha altrettanto peso e valore quanto “sinistra”, e...
  7. alla frammentazione del centro-destra (venendo meno l’interesse emergono le differenze e i dissensi) e alla migrazione di alcune sue parti, più liberali e solidali, verso accordi ad hoc con un Pd + M5s+ alleanze al governo, in conclusione...
  8. (abbiamo dieci dita, diciamo quindi che) si va verso un decennio di centro-sinistra come forza nazionale, e non solo regionale.
B) TIMORE
  1. Pd e M5s si avvicineranno ma, assumendo che l'alleanza riesca, l’unione-alleanza-intesa non sarà un partito progressista/riformista, diciamo una sorta di nuovo lib-dem, ma un centro-sinistra un po’ indifferenziato, populista e di protesta, più movimento di denuncia e indignazione che piattaforma progettuale, con il rischio ulteriore della M5s-ificazione del Pd; ne segue che...
  2. ci saranno troppe operazioni da centro-sinistra intellettuale – casta e correnti varie saranno ancora influenti – e poca concretezza sul come rimettere a posto il paese, si parlerà tanto di diritti e poco di doveri, tanto di assistenzialismo e supporto e poco di crescita e investimenti, molto di lavoratori e poco di datori di lavoro, mentre riforme serie o politiche lungimiranti – che costano in popolarità – non saranno pop e quindi non verranno elaborate nel dettaglio, ma solo accennate a grandi linee, insomma si cercherà di recuperare consenso, cavalcando malcontento, rivendicazioni ottimistiche, mode, proteste, aspirazioni idealistiche e promesse utopistiche più che disegnando serie proposte di buon governo, competenti, e fattibili, che risolvono i problemi passati, riformando il presente, e affrontano quelli futuri con una gestione costruttiva del progresso per il benessere di tutti e dell’ambiente; anche per questo...
  3. il Pd sarà percepito come un partito di opposizione ma non di governo da tutti quelli già elencati nel punto (4) sopra; il voto al Pd sarà visto come un voto perso, o di protesta, e tutto ciò metterà in crisi la natura unitaria del Pd, già molto fragile; quindi...
  4. il Pd vedrà una ulteriore emorragia di voti dei delusi (per esempio gli iscritti che si aspettavano un netta vittoria di Stefano Bonaccini), degli stanchi, di quelli che sono più di centro che di sinistra o che appartengono al mondo cattolico, o ad altre correnti più vicine a politiche liberali (emorragia verso Renzi+Calenda), o che sono più populisti che di sinistra (emorragia verso M5S), per non parlare di coloro che smetteranno di (o non inizieranno neppure a) votare qualsiasi partito, Pd incluso; anche per questo si arriverà a...
  5. una probabile scissione del Pd (non avverrà subito ma con i tempi definiti dal bon ton della politica); questa renderà...
  6. il centro-sinistra più debole, frammentato, meno centro e più sinistra, e un centro riformista/progressista con un ipotetico triumvirato Bonaccini-Calenda-Renzi (NB i nomi non contano, potrebbero cambiare nei prossimi anni, portando anche a fusioni) leggermente meno minoritario, e potenzialmente “king maker”, cioè ago della bilancia, almeno nelle velleità, non tanto nel decidere chi va al governo (una simile coalizione con il centro destra sembra improbabile) ma soprattutto nell’influenzare quale legislazione e quali politiche verranno implementate con alleanze ad hoc, e quale “cultura politica” di centro-destra/centro e aspettative sociali e economiche domineranno nel paese; in questo caso...
  7. un centro minoritario ma leggermente più influente potrebbe portare più facilmente il centro-destra a spostarsi verso posizioni più centriste-riformiste e meno reazionarie e conservatrici, mentre è improbabile che centro e centro-sinistra trovino un accordo; visto tutto questo...
  8. (sempre con le stesse dieci dita) si va verso un decennio di permanenza della destra o del centro-destra al potere, con un Pd indebolito e cronicamente all’opposizione e un M5s privo di una reale filosofia politica e chiari criteri che differenzino i due partiti, se non diverse enfasi su rivendicazioni, denunce, e forme di assistenzialismo (oltre alle ovvie strutture di potere, segreterie, etc.).
C) CONCLUSIONE

A e B sono frutto di un po’ di analisi logica, niente determinismo e niente fatalismo, solo due ipotesi, in cui ogni punto potrebbe essere errato non solo in parte, ma anche del tutto, e ribaltato completamente, o mescolato per ipotesi alternative meno polarizzate. La storia è imprevedibile, ma se dovessi puntare, purtroppo punterei sulla realizzazione del timore e non della speranza.
Spero di sbagliarmi. Ma soprattutto sono felice di non dover puntare.

Comments

  1. Una visione che non lascia quasi nulla al caso. Ed io ho il timore di puntare, anche se la speranza è pur sempre dannatamente attraente.
    Andromeda

    ReplyDelete

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